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Sulle orme di Padre Massimo da Porretta

A conclusione dei festeggiamenti per il 50° anniversario della morte di Padre Massimo

La chiesa dei boschi a Granaglione

A conclusione dei festeggiamenti per il 50° anniversario della morte di Padre Massimo da Porretta, domenica 14 luglio, la Fraternità Francescana di S. Carlo ha voluto ricordare la figura di questo grande uomo e frate cappuccino, con una celebrazione eucaristica nella chiesa dei Boschi a Granaglione in provincia di Bologna, in quei luoghi cioè dove il fondatore del Villaggio San Francesco ha vissuto la sua infanzia e giovinezza prima di entrare nel seminario di Porretta. A celebrare la S. Messa è stato un altro suo confratello, Padre Fosco Ceccherini, che non ha bisogno di presentazioni, essendo conosciuto da tutti in Mugello, artefice egli stesso, una ventina di anni fa, della ristrutturazione del Villaggio San Francesco, insieme a Marcello Degl’Innocenti e Andrea Salvadori. Chi meglio di Padre Fosco che ha dato continuità a quest’opera della Provvidenza, nata per soccorrere all’ora i poveri vecchi del Mugello, rimasti soli ed abbandonati, senza una famiglia, poteva parlare del suo grande predecessore, lui che ci ha trasmesso il suo carisma, concretamente, seguendo le sue orme, del comandamento dell’Amore fraterno ed in particolare per i più poveri e bisognosi.

Mappa del percorso realizzata da Umberto Marmugi

Commoventi le sue parole, perché semplici, nate spontaneamente dal cuore e dall’esempio che ci fanno capire come sia possibile per tutti noi, nel nostro piccolo, contribuire a realizzare quella speranza per un mondo migliore, più umano, più fraterno per tutti. Granaglione, un piccolo comune della provincia di Bologna, di recente fuso insieme ad altri della zona nel comune di Alto Reno Terme, ai tempi di Padre Massimo, “era una manciatina di casupole appollaiate fra i monti degli appennini tosco emiliani”, come ci dice fra’ Samuele Duranti nella biografia di Padre Massimo da Porretta pubblicata nel 2003 a cura del nostro precedente ministro della Fraternità OFS, Giorgio Giovannini. Eppure, da lì, da questi luoghi tagliati fuori dal mondo, dove si viveva poveramente, sono cresciute figure così importanti per il mondo francescano, oltre a Padre Massimo, anche Padre  Bartolomio Evangelisti, missionario cappuccino in India, vescovo di Meerut nel nord India, dove ha fondato la Congregazione delle Suore Francescane della Madonna delle Grazie, sull’esempio di quelle di Montenero vicino Livorno, cioè le Suore Indiane che sono adesso a S. Carlo. E poi, Padre Pio Calistri, compagno di studi di Padre Fosco e Padre Aurelio Calistri suo insegnante e guida spirituale, insomma, un’eredità troppo grande per Padre Fosco per non sentire il richiamo di ritornare in questi luoghi per questa commemorazione. E così è stato.

Dopo quella ufficiale, tenutasi il 9 di luglio al Villaggio San Francesco che ha visto anche la partecipazione di Mons. Giovanni Roncari, vescovo cappuccino di Pitigliano, Sovana e Orbetello, e quella dell’amico Aldo Giovannini, io e Umberto Marmugi, mio maestro di tante escursioni, giovedì 11 luglio siamo partiti dal convento di S. Carlo per un pellegrinaggio a piedi che in quattro giorni ci ha portato fino a Granaglione, giusto in tempo per la celebrazione. Prima tappa, la Traversa (851 m.), oltre il passo della Futa (903 m.), dopo esser passati, attraverso strade bianche, da Fagna e costeggiato il campo da golf Poggio dei Medici ed esser giunti a S. Agata, dove abbiamo preso il sentiero CAI della Via degli Dei. Dalla Traversa, passando dal monte e poi dal valico Citerna siamo ritornati sul sentiero di crinale 00 della GEA, la Grande Escursione Appenninica, che avevamo lasciato al passo della Futa e attraversando Montepiano (700 m.) abbiamo fatto tappa al Rifugio Poggio di Petto (1048 m.),poco sotto l’Alpe di Cavarzano, da dove si gode di bellissimo panorama sulla valle del Bisenzio e sul nostro amato Mugello.

Certificato originale di battesimo di P. Massimo al secolo Silvio, Agostino, Daniele Bragalli, tutt'ora conservato nell'archivio parrocchiale per gentile concessione del parroco don Michele.

Da lì, abbiamo proseguito sullo 00 passando prima dall’Alpe di Cavarzano e poi dal monte delle Scalette (1186 m.) e, poco prima del tabernacolo di Gavigno (968 m.), abbiamo deviato per il paese di Fossato (707 m.). Da qui siamo scesi, oltrepassando il torrente Limentra orientale (541m.) e poi risaliti fino ai Pianacci (845 m.), per poi ridiscendere definitivamente a Treppio (680 m.), dopo essere risaliti, poco prima dal torrente Limentrella (466 m.). Qui a Treppio siamo stati accolti e accuditi dalle Suore Mantellate nella loro casa di spiritualità “Mater Dei” che vi invitiamo a conoscere, un vero e proprio angolo di paradiso. La mattina dopo siamo ripartiti, risalendo prima fino al crinale (1087 m.) per poi scollinare e riscendere fino a Taviano (504 m.) e risalire alla Sambuca Pistoiese (692 m.) da dove abbiamo proseguito fino a Pòsola (942 m.) per scendere di nuovo a Molino del Pallone (492 m.) dopo aver attraversato il fiume Reno.

Da qui siamo risaliti alla chiesa dei Boschi (857 m.) che già vedevamo in lontananza mentre scendevamo dall’altro versante e dove siamo arrivati per pranzo e abbiamo atteso coloro che arrivavano dal Mugello in auto per la celebrazione. E’ stata senz’altro un’esperienza unica, per certi versi un po’ faticosa, ma come sempre in questi casi, anche molto bella. Congedata la Fraternità e ringraziato anche Padre Fosco abbiamo fatto sosta al vicino santuario mariano di Calvigi, ad un tiro di sasso da Granaglione, con l’intenzione di proseguire la camminata sull’appennino pistoiese fino al monte Cimone. Ma, la mattina dopo abbiamo dovuto rinunciare a questa tappa per la pioggia battente caduta durante tutta la notte e il vento forte che non rendevano sicuro il percorso in quota che ci doveva portare, passando poco sotto dal Corno alle Scale (1943 m.), al Rifugio del lago Scaffaiolo (1793 m.). Così abbiamo dovuto rinunciare al questa tappa e al successivo percorso, quello fino al passo dell’Abetone, considerato uno fra i tratti più belli del nostro appennino tosco- emiliano.

Comunque, anche sotto la pioggia, siamo riusciti a raggiungere, via strada asfaltata, l’Abetone in parte a piedi e in parte in autostop e da S. Marcello Pistoiese in autobus. Dall’Abetone, dove abbiamo trovato rifugio, siamo ripartiti la mattina seguente, accompagnati in quota dal nuvole basse e da un vento freddo che ci hanno impedito però di raggiungere il Libro Aperto (1939 m.) e di ammirarne da lì il panorama. Abbiamo proseguito dritto in direzione del monte Cimone (2165 m.) la vetta più alta dell’appennino settentrionale. Con un fuori programma, Umberto ne ha approfittato per giungervi attraverso la salita diretta al Cimoncino (2117 m.)! Giunti in cima al Cimone, dove ha sede un osservatorio meteorologico dell’Aereonautica Militare, il vento forte, benché insistente nel non abbandonarci, ci ha comunque permesso di ammirare a 360° tutto il paesaggio circostante, una meraviglia ai nostri occhi, compreso il percorso fatto, visto che aveva spazzato via tutte le nuvole che c’erano prima. Non era la prima volta che vi giungevamo a piedi, ma ogni volta è sempre un’emozione nuova che ci riporta ad elencare i nomi delle varie cime che si vedono intorno, i monti fatti e quelli ancora da fare… Rinfrancati da questa paradisiaca visione, siamo poi scesi, passando dal salto della capra e dalla cresta del gallo, al lago della Ninfa, dove abbiamo fatto tappa al vicino Rifugio (1535 m.).

La mattina seguente, passando dalla fontana Bedini abbiamo fatto ritorno sul Cimone, assaporando tutto il dislivello che il giorno prima avevamo fatto in discesa, un’esperienza questa che non avevamo ancora provato. Poi siamo arrivati al Libro Aperto e vista la bella giornata, ne abbiamo approfittato per goderne di tutto il paesaggio circostante, tutta la dorsale fino al Cono alle Scale, quel tratto a cui abbiamo dovuto rinunciare i giorni precedenti, mentre il Cimone ci rimaneva ormai alle spalle, da sembrare lì vicino, anche se in realtà non lo è proprio. In breve, siamo così scesi fino alle piramidi del passo dell’Abetone, dove si è conclusa anche la nostra camminata di quest’anno. Con l’autobus di linea e poi col treno abbiamo fatto ritorno a casa, con lo zaino pieno di ricordi, di immagini, di piccole esperienze vissute che ti fanno dire, dentro di te, che, nonostante la fatica,  n’è valso la pena fare questa camminata e ti fanno già pensare a quella del prossimo anno.

Gianluca Paladini