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Giornata della memoria - Quando al Villaggio San Francesco si proteggevano gli ebrei

Testimonianza raccolta il 20 marzo 2002

…ma lo sa, ci aveva anche degli ebrei! Li aveva ospitati lui, io i nomi non me li ricordo. Quando eravamo sfollati là a San Carlo…C’erano anche questi ebrei, che però padre Massimo li teneva tanto nascosti…

Questa testimonianza raccolta il 20 marzo 2002 e riportata nel volume da me curato “Lettere da San Giovanni Rotondo” era di una signora, allora ragazzina, ansiosa di testimoniare quanto era stato grande il cuore di padre Massimo che, in un momento particolarmente difficile per la sua famiglia, (suo babbo era stato podestà e quindi sicuramente compromesso, come tanti, col regime fascista) li aveva rifugiati alla scuola di San Carlo nell’ultimo periodo della guerra. …nessuno ci voleva. … L’unico che ci ha preso e ci ha aiutato è stato padre Massimo.

Per questo sempre nel volume citato avevo detto che, in quel periodo, per padre Massimo i poveri non sono più soltanto i vecchi, ma anche i perseguitati di qualsiasi parte essi siano. E le porte del Ricovero sono aperte e rifugio per tutti. Si rivive il manzoniano motivo della “provvida sventura” e “infra gli oppressi” si trovano ebrei e persone legate al vecchio regime.

Ebbene a distanza di cinque anni, seppur col pochissimo tempo che ho potuto dedicare all’argomento, questa affermazione è confortata da una quantità di dati che non mi sarei certo aspettato.

Nel registro verbali del Terz’Ordine, l’8 ottobre 1944, dopo aver ringraziato Dio e san Francesco per lo scampato pericolo della guerra, si legge: La IV Domenica sarà fatto nella Chiesa di San Carlo una giornata di ringraziamento da 48 giovani per aver salvata la vita nel periodo di rastrellamento per parte dei tedeschi. I giovani erano rifugiati al Ricovero – Scuola – Convento. Padre Epifanio da San Marcello in una relazione inviata alla Provincia cappuccina dice: In quei giorni tremendi la Scuola ed il Ricovero, come anche il Convento dei Cappuccini, furono asilo e rifugio e salvezza di tantissime persone…

Come si vede un totale di più di 160 persone, trovarono asilo e salvezza in quei sacri e pietosi luoghi,… La gioia della liberazione fece subito dimenticare le agonie sofferte. Gli uomini che per più di un mese erano stati penosamente nascosti nelle soffitte, uscirono fuori alla luce, e da tutte le menti e da tutte le bocche uscì l’inno di gloria e di ringraziamento a Dio. Ma fu inno anche di ringraziamento a padre Massimo che non abbandonò mai i suoi ricoverati, e li confortò nel pericolo;…

Adesso hanno un nome, ed un nome famoso, anche due ebrei che sono stati salvati dalla barbarie nazista dalla braccia infinitamente grandi di padre Massimo. Sono Angiolo Orvieto e la moglie Laura Cantoni. Lui poeta, giornalista, fondatore della rivista “Il Marzocco”, uomo di spicco nell’ambiente culturale del primo novecento, consigliere dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, nipote di qull’Alberto Cantoni, scrittore “avvenirista e pirandelliano” anzi tempo, al quale lo stesso Pirandello dedicò “Il fu Mattia Pascal”[1](1069-1967).

Lei, figlia di un volontario garibaldino, scrittrice, impegnata nella divulgazione della cultura negli ambienti popolari, collaboratrice del marito alla rivista “Il Marzocco”, scrisse molte opere di letteratura per l’infanzia, fondò il giornalino “La settimana dei ragazzi” che diresse fino alla morte nel 1953, si inserì a pieno titolo nel dibattito d’inizio Novecento sulla questione della donna più per gli aspetti sociali oltre che per quelli letterari (1876-1953). Negli anni della persecuzione ebraica si rifugiò presso un ricovero per anziani nel Mugello che padre Massimo da Porretta aprì agli Orvieto. Così termina la sua nota biografica nel “Dizionario delle donne lombarde” a cura di Rachele Farina.

Alla Casa San Francesco c’è una lapide nel corridoio storico, alla sinistra entrando in chiesa, che ricorda come la Galleria vetrage (i lunghi corridoi a vetri che in parte sono stati sostituiti recentemente con gli spazi più aperti degli ottagoni) fu donata nel 1956, in occasione del sessantesimo di sacerdozio di padre Massimo, dall’insigne poeta Angiolo Orvieto in memoria dell’amata consorte Laura e della figlia Annalia e del prof. Domenico Del Campana, ministro del Terz’Ordine e collaboratore di padre Massimo nella realizzazione delle opere di San Carlo. Un rapporto quindi e un’amicizia durata nel tempo e che, purtroppo, la rapida perdita della nostra memoria storica rischiava di farci collocare gli Orvieto fra i tanti anonimi benefattori del Ricovero.

Per fortuna possiamo documentare questo rapporto anche da una lettera del prof. Del Campana a padre Massimo del 12 aprile 1946 dove in poscritto dice: Due giorni fa vidi i due vecchi Orvieto, sempre riconoscentissimi per P. Massimo, del quale ci si trovò d’accordo nel dirne il maggior male possibile! La sottolineatura ne accentua il senso metaforico.

Ancor più, però, quest’amicizia è documentabile da oltre cinquanta lettere di padre Massimo ad Angiolo Orvieto, dalle quali traspare una profonda relazione che va ben oltre il giusto debito di riconoscenza che questi potevano avere nei suoi confronti. Padre Massimo è l’amico sempre presente nei momenti difficili che la famiglia deve affrontare, in una lettera invita Angiolo a tornare a visitare i luoghi che sono stati il suo carcere per undici mesi, ma dove i secondini l’avevano tanto amato.

Gli eredi Orvieto hanno donato l’archivio di famiglia al Gabinetto Vieusseux che ha catalogato anche queste lettere nel “Fondo Orvieto” dell’Archivio Contemporaneo “A. Bonsanti” di Palazzo Corsini; la dr.sa Caterina Del Vivo, che ne è la massima esperta, ha curato recentemente la pubblicazione di due opere inedite di Laura Cantoni per conto della “Fondazione Carlo Marchi”: la “Storia di Angiolo e Laura” e “Viaggio meraviglioso di Gianni nel paese delle parole – Fantasia grammaticale”; in prefazione alla prima dice: Angiolo e Laura Orvieto riusciranno a sfuggire alle persecuzioni nascosti fra i vecchietti del Ricovero di padre Massimo in Mugello.

…Del periodo di guerra, e soprattutto dei mesi fra il 1943 e il1944, trascorsi con Angiolo nel convento-ospizio di padre Massimo, nascosti, nel continuo timore di essere scoperti, Laura ha tuttavia lasciato altre testimonianze scritte. Si tratta di narrazioni della quotidianità e della paura che accompagnava le meste giornate, stese ancora una volta in terza persona, proiettando spesso l’identità propria e quella del marito in figure d’altri tempi o fuori del tempo.

Padre Massimo quindi si conferma sempre quel grande animo francescano aperto a tutti perché la

la dignità umana va ben oltre le idee e, con tutti, disposto a condividere i valori senza sposare le ideologie. Non solo ma anche una mente così aperta da essere precursore di quel dialogo interreligioso che vedrà per l’amicizia cristiano ebraica il toscano Elio Toaff ricevere un papa cattolico nella sinagoga di Roma.

E questi sono solo pochi gustosi frutti di una grande pianta che dal cielo, insieme con l’amico di sempre padre Pio, benedice e protegge le Opere di San Carlo e il Mugello intero.

Giorgio Giovannini

Fonte "Il Filo"